In questo periodo, che sembra non finire mai, se ci soffermassimo solo sugli aspetti negativi, le cronache sarebbero una sorta di bollettino di guerra, non solo sotto l’aspetto sanitario, ma anche economico.
Eppure, ci sono tanti esempi positivi che meritano, non solo di essere raccontati, ma anche ricordati. Un unico storytelling costituito da centinaia di storie che coinvolgono grandi industrie, personaggi famosi, perfetti sconosciuti, perfino ragazzi – poco più che bambini – accomunati dalla volontà di impegnarsi per uscire individualmente migliori da questo periodo.
Delle migliaia ne ho raccolte solo alcune, quelle che mi è capitato di incrociare all’interno di giornali, siti, social. Questo breve elenco vuole essere anche un consiglio che, da operatore della comunicazione, mi permetto pacatamente di dare a professionisti, aziende e associazioni per provare a riflettere sui cambiamenti in atto.
Non bisogna mai smettere di comunicare sui diversi media, casomai occorre rivedere il cosa e il come, dato che la pubblicità – così come l’abbiamo sempre concepita – ora serve a poco e spesso è addirittura deleteria.
Quindi, come dovrebbe comportarsi una realtà imprenditoriale alle prese con l’emergenza? Principalmente occorre sapersi adattare alle necessità del momento e, secondariamente, seguire i principi etici perché, alla fine, sapranno ripagare l’investimento. Difficile ci siano sfuggite le scelte virtuose compiute dai principali brand italiani: Ferrari è stata tra le prime industrie a costruire parti essenziali per respiratori e ventilatori polmonari, il Gruppo Armani ha impegnato tutti i suoi stabilimenti produttivi italiani nella produzione di camici monouso per gli operatori sanitari. Sulla stessa linea Gucci e Prada si sono attivate per la fornitura di mascherine e camici, mettendoli a disposizione della Protezione Civile.
Ma ci sono iniziative di aiuto ancora più concreto. San Pellegrino, che detiene il marchio Levissima, ha deciso di non investire per i prossimi mesi in spot tv, donando l’equivalente di quanto programmato alle aziende sanitarie della Valtellina e dell’Alto Lario.
Mi piace pensare che il giorno in cui l’emergenza sarà alle spalle, i consumatori si possano ricordare di chi ha saputo fare un passo indietro rispetto al proprio core business diventando parte integrante di una catena di fornitura essenziale per il Paese.
Al di là dei grandi marchi non va dimenticato l’impegno di moltissime piccole e medie imprese che, con ingegno e tenacia, stanno facendo miracoli. È il caso dell’azienda di Brescia che ha saputo creare componenti per rendere le maschere di Decathlon idonee ai respiratori ospedalieri destinati ai malati covid.
C
i sono poi singoli professionisti che si sono rimboccati le maniche, riciclando il proprio talento – o in alcuni casi mettendolo totalmente da parte – per svolgere impieghi umili, in qualche modo normali, in un momento che di normale ha ben poco.
Parliamo per esempio di Carlo Cracco impegnato in prima persona alla mensa per gli operai intenti alla costruzione dell’ospedale covid di Milano o di Josè Mourinho che ha passato alcuni pomeriggi a portare la spesa ad anziani di Londra.
Non occorre neppure guardare Oltremanica o scomodare nomi così altisonanti, se pensiamo a un avvocato di Ferrara che ha avuta la stessa idea a inizio emergenza: pur non avendo i galloni da Special One, si è proposto come fattorino per le incombenze degli anziani, a fronte della forzata sospensione dell’attività forense.
E se il talento è un dono, quel dono può essere messo al servizio di tutti, come hanno fatto due giovanissimi: Jacopo Mastrangelo ha suonato con la chitarra un brano della colonna sonora di C’era una volta in America su una piazza Navona deserta (tanto da essere chiamato a eseguire il bis in Campidoglio) mentre Lena Yokoama, sempre sulle note di Ennio Morricone, ha fatto vibrare le corde del suo violino sul tetto dell’Ospedale di Cremona per omaggiare il personale sanitario e infondere speranza agli ammalati.
Cosa e come comunicare, accennavo in precedenza. Ebbene, all’interno di un’intervista uno chef veronese ha raccontato tanti aspetti attinenti alla sfida delle consegne a domicilio. Essendo il suo un ristorante di alta qualità, ci si aspetterebbe di sentir decantate le prelibatezze dei singoli piatti. Invece Fabio Tammaro ha scelto di parlare di come è cambiata la prospettiva della ristorazione, della dolorosa scelta di lasciare a casa i collaboratori, ma anche dell’importanza dei driver che effettuano le consegne in biciclette a cui lui sceglie regolarmente di regalare un pasto selezionato. Un particolare che, da solo, fa notizia, dal momento che diamo sempre troppo per scontato il lavoro di chi sta nell’ombra per rendere splendente l’impegno di altri.
Voglio terminare con un esempio in grado di scaldare il cuore. È quello di Giulio Giovannini, 12 anni, che vive in una frazione del comune di Scansano in Toscana. La scuola che Giulio frequenta ha adottato la didattica a distanza, ma a casa internet non funziona e anche il segnale del cellulare è scarsissimo. Il ragazzino per connettersi deve andare altrove.Muovendosi ha trovato finalmente un punto favorevole per collegarsi in rete. Peccato che sia nel bel mezzo di un campo agricolo. Ogni giorno Giulio si porta da casa il banco, la sedia, il tablet per collegarsi con insegnanti e compagni, e continuare a imparare. Ma, oltre a imparare, impartisce a tutti quanti una grandissima lezione di caparbietà.
Leonardo Rosa
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